Strategie di resistenza per unire i freelancers

 

di ANNA CURCIO

La crisi economica colpisce tutta la forza-lavoro e ripropone le società di mutuo soccorso come baricentro di un rinnovato stato sociale. Un’intervista alla studiosa e attivista Sara Horowitz

Imprese che chiudono, altre che annunciano l’imminente fallimento. Giganti dell’industria automobilistica che tenfono il cappello per avere gli aiuti da parte dello stato. Non è l’apocalisse, ma drammatici sintomi di una crisi tanto profonda, quanto inafferabile nei suo effetti di medio e lungo periodo. Ma se la la perdita di lavoro per le tute blu ha un bagaglio culturale e analitico per essere spiegata, una fitta nebbia avvolge invece il «lavoro indipendente» statunitense. Negli scorsi mesi, timidi segnali da questo mondo sono giunti, anche se si sono manifestati in rete, dove numerosi sono i siti e i blog dedicati ai knowledge workers, cioè quei lavoratori della conoscenza che spesso hanno contratti di lavoro che non hanno la forma del lavoro dipendente.

Sara Horowitz è un’avvocata del lavoro, cresciuta in una famiglia di sindacalisti newyorchesi nel clima degli anni Sessanta. Nel 2003 ha fondato «Freelancers Union», la prima organizzazione del lavoro autonomo negli Stati Uniti. Forse proprio l’esperienza familiare le ha consegnato un dato: le forme classiche dell’organizzazione sindacale sono superate, occorre ripensarle. La union da lei fondata si batte per l’identificazione e il riconoscimento delle istanze del lavoro autonomo e, per far fronte alla crisi finanziaria, sta tessendo una vera e propria rete di salvataggio e auto-tutela per i suoi membri, un’assicurazione sul reddito per i lavoratori: una sorta di welfare autonomo, fondato su una particolare miscela di credito e risparmio. 
Abbiamo incontrato Sara Horowitz nella sede della Union a New York per discutere della crisi finanziaria, dei suoi effetti sul lavoro autonomo e del modo in cui la union intende affrontare la situazione.

L’attuale crisi finanziaria globale sta mostrando se non la fine del neoliberalismo, quantomeno un momento di grave difficoltà. Come la «flessione» dell’economia sta interessando i «freelancer» nelle forme di vita e del lavoro?

I freelancers sono stati pesantemente colpiti dall’attuale crisi economica. Un’indagine tra i membri della union lo scorso settembre ha mostrato che il 52% ha incontrato maggiori difficoltà dell’anno passato nel pagare le bollette, il 13% ha rinunciato all’assicurazione sanitaria perché non poteva più sostenerne i costi, mentre il 29% ha dovuto sostituire il proprio piano sanitario con uno meno costoso ma con minori benefici. A seguito della crisi, inoltre, l’86% dei nostri membri ha avuto difficoltà a trovare lavoro, mentre si sono ridotte le possibilità di avere piccoli finanziamenti e altre forme di credito per sostenere la propria attività. Molti hanno visto il proprio programma di previdenza integrativa sparire nel giro di pochi mesi.
Sotto molti aspetti i «freelancer» incontrano le stese difficoltà economiche degli altri lavoratori americani, ma sono molto più vulnerabili, perché non hanno alcuna rete che ne protegge la caduta. Devono acquistare la propria assicurazione sanitaria, finanziare la propria pensione e provvedere alle spese quotidiane dei periodi di disoccupazione. Con la crisi finanziaria hanno visto aumentare l’insicurezza del lavoro ed in molti hanno creato la propria scialuppa di salvataggio attraverso il risparmio o attraverso il ricorso alla carta di credito per acquistare beni di prima necessità o pagare le bollette. Nel 2007 il 44% dei membri ha usato la carta di credito per queste spese; nel 2008 il 53% ha indicato il debito da carta di credito come un’ulteriore minaccia, mentre il 27% ha rinviato o ritardato il pagamento della carta di credito. Molti hanno semplicemente smesso di versare denaro nei propri fondi pensioni.

Rovesciando l’immagine dominante della forza lavoro contemporanea quale vittima dell’avidità delle borse, possiamo forse considerare il ricorso al credito come un processo ambivalente: è certamente una minaccia alla disponibilità di reddito nel futuro, ma anche una forma – per quanto perversa – di accesso nell’immediato a bisogni non garantiti dal reddito presente e dallo stato sociale. Una sorta di finanziarizzazione del welfare …

La crisi finanziaria è la dimostrazione che un libero mercato senza controllo non protegge la società. Detto questo, però, non possiamo affermare – come sostengono i sindacati tradizionali – la necessità di invertire la rotta insistemdo perché il governo si equipaggi meglio per dirigere l’economia. Si tratta piuttosto di aggiornare gli strumenti keynesiani. 
Riporre completa fiducia nel mercato e nello Stato rimanda alla visone del mondo dell’era Reagan, che ha posto l’individuo in diretta relazione con le grandi istituzioni, trascurando la capacità dei gruppi sociali di proteggere e promuovere i bisogni dei singoli. Negli Stati Uniti abbiamo una lunga storia di società di mutuo aiuto e associazioni di volontariato che attraverso il potere dei numeri conseguono benefici per i propri membri. Ma questo non è il caso delle istituzioni che attualmente gestiscono le protezioni sociali. Che si tratti di agenzie governative o imprese for-profit, nessuna di queste istituzioni è compatibile con i bisogni dei singoli. Ma i singoli devono poter far riferimento a strutture di mediazione capaci di negoziare una piattaforma di protezioni sociali e sostenere bisogni specifici. Qui si collocano le associazioni di volontariato e di mutuo aiuto che possono connettere i soggetti con una rete sociale in grado di garantire forme di sicurezza.

Da molto tempo «Freelancers Union» ha sottolineato la necessità di ripensare le politiche e le forme dell’organizzazione del lavoro. Che impatto ha avuto la crisi finanziaria su tale strategia politica?

La crisi economica ha fatto emergere tra i lavoratori autonomi una comune preoccupazione, che si è tradotta in un aumento dell’identificazione con la Union e in una crescente disponibilità ad organizzarsi e mobilitarsi per migliorare la propria capacità contrattuale con i policy maker. «Freelancers Union» adotta una strategia che si basa sul mercato, senza dipendere dai finanziamenti governativi. E tale strategia è risultata adeguata alla luce dell’enorme quantità di denaro di recente spesa dal governo federale per stabilizzare il sistema finanziario, un provvedimento che metterà probabilmente a rischio la possibilità di una riforma sociale radicale. Seguendo questo approccio, e per sostenere i freelancer di fronte alla crisi economica, la union sta lavorando alla proposta di un’assicurazione sul reddito per i lavoratori indipendenti che non rientrano nei piani di sostegno per la disoccupazione. Si tratta del «Fondo di Stabilizzazione del Reddito» che si propone di affrontare la discontinuità di reddito dei freelancer, garantendo la stabilità economica e la continuità del lavoro.
A partire da un’indagine condotta tra i membri della union abbiamo gettato le basi per la costituzione di un fondo per la continuità del reddito. Questo si muove intorno a tre principi di base: alti interessi, basse imposte e nessun criterio che fissi un minimo di risparmio per accedervi. Per dar vita a tale fondo «Freelancers Union» sarà partner di un società di credito. L’obiettivo è la creazione di un nuovo veicolo di risparmio sul modello dei benefit dei certificati di deposito, ma rinunciando al prelievo delle spese di gestione. Ogni lavoratore indipendente iscritto al programma, che contribuisce con mille dollari al conto di risparmio, riceverà un credito di trecento dollari destinato a rimborsare il pagamento delle tasse, da depositare nel proprio «Fondo di Stabilizzazione del Reddito». Dopo due anni, il lavoratore avrà accumulato risparmi per tre mesi di reddito pari al minimo salariale fissato dello stato federale. Gli esperti ritengono che il Fondo possa efficacemente affrontare la volatilità del redito tipica dei periodi di crisi.

Esistono altri strumenti che la union ha messo in opera per sostenere i freelancer di fronte alla crisi?

Da quando la crisi finanziaria si sta diffondendo in tutti i settori economici, producendo crescenti difficoltà per i freelancer, i membri della union hanno preso a commerciare tra loro per affrontare il difficile momento economico. Attraverso il nostro sito diamo la possibilità ai membri di mettersi in contatto tra loro e scambiare servizi. Per esempio molti membri offrono sconti come tattica per attrarre nuovi clienti; si costruiscono inoltre reti per trovare lavoro e spesso vengono sponsorizzati o promossi eventi di varia natura. Ma, come abbiamo visto, una forma per aumentare le disponibilità economiche in tempo di crisi è spesso, purtroppo, quella di limitare le spese per piani di risparmio e pensionistici e per servizi medici, con tutti i rischi che nel modello americano ciò comporta.

 

* da “Il manifesto”, 24 dicembre 2008

 

 

 

 

 

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