Murdoch, Berlusconi, il crollo di due imperi mediatici e la moltitudine in rete
di GIORGIO GRIZIOTTI
La caduta nel giro di pochi mesi dei due Rais mediatici più simbolici e politicamente influenti d’una fase trentennale al crepuscolo mi è sembrata una coincidenza significativa e felice.
Sviluppo qui qualche riflessione sulle cause e le implicazioni di questo evento gemello e di come esso modelli decisivamente l’esodo da quella fase e avanzo l’idea che esso non sia casuale ma determinato da un movimento moltitudinario che utilizzando, reti di autocomunicazione orizzontale, svuota il potere degli imperi mediatici verticali. Ho scelto di trattare anche certi aspetti legati alla figura dei personaggi in questione per mettere in luce i loro comportamenti e
l’ideologia che li ha animati.
Nulla potrà restaurare il terribile potere che essi hanno esercitato per tutti questi anni.
Gli estesi ed infernali apparati multimediatici continueranno ancora a spandere quel che resta della loro nefasta influenza, ma, privati progressivamente delle loro energie essenziali, come il saper creare consenso politico, si spegneranno per forza o per inerzia.
I progetti personali di continuità dinastica, da loro preparati nell’illusione d’una perennità dell’infamia su cui avevano prosperato, appaiono improvvisamente illusori e sfasati col tempo presente.
Le cause di circostanza di queste due eccellenti ed illustri scomparse possono sembrare non omogenee a causa della loro specificità e della loro geolocalizzazione:
– Berlusconi aveva intrecciato indissolubilmente un trio di poteri: mediatico, finanziario e politico, regionalmente localizzati e non poteva che perderli congiuntamente.
– la strategia murdochiana si era costruita invece più su un espandersi progressivo dell’influenza tramite un’immensa rete mediatica in osmosi con gli altri centri nevralgici politici e finanziari della governance mondiale. Come vedremo la sua fine ha un’origine mediatica che solo in apparenza sembra fortuita.
il RUOLO delle Corporations Multimediatiche NEL PROGETTO POLITICO DELLA GOVERNANCE GLOBALE FINANZIARIZZATA.
Il sorgere ed il consolidarsi di Corporations Multimediatiche globali è una delle chiavi di volta della transizione dal capitalismo industriale a quello cognitivo.
I processi di privatizzazione aprono allora gli spazi spesso precedentemente riservati ai tradizionali media degli stati-nazione e favoriscono naturalmente concentrazioni ed incroci.
I tycoon delle grandi reti si trovano in posizione ideale per incarnare questo ruolo; i nostri “eroi” ne sono dei promotori illustri e integrano i loro progetti capitalistici e finanziari a questa strategia di un nuovo biopotere.
Le Corporations del settore Media diventano fabbriche cognitive dove operano le complesse ed articolate macchine di una produzione immateriale di massa. Inoltre i grandi conglomerati come Time Warner, Viacom/CBS, News Corp , Mediaset ou Canal + sono collegati fra loro in una fitta rete di partecipazioni incrociate e costituiscono di fatto un oligopolio. Un ambito privilegiato per concepire un metalinguaggio funzionale al biopotere e diffondere contenuti standardizzati.
La televisione aveva già scalzato la Galassia Gutemberg[i] mettendo l’immagine al posto del simbolo tipografico, come il primo grande visionario dei media Marshall McLuhan aveva ipotizzato, ed era già un mass-media dominante negli anni 60 e 70 senza che questo impedisse ai movimenti dell’epoca d’emergere ed anzi forse contribuendo involontariamente a propagarli.
Nel frattempo pero’ le privatizzazioni a cui abbiamo accennato, generano un’enorme proliferazione di canali televisivi la cui abbondante produzione trova un terreno socialmente favorevole nel riflusso politico e nel crescere delle famiglie monoparentali e dei single (questi ultimi sono circa 25% della popolazione USA negli anni 90)[ii]. In questo contesto aumenta anche la media delle ore di ascolto quotidiane (4,5 ore negli Usa contro 2,5 in Francia alla fine degli anni 80) alle quali si aggiungono i tempi dedicati ad altri media sempre unidirezionali quali la radio, la stampa etc.
assoggettamento e paura: elementi DOMINANTI Nel FRaming[iii] MEDIATICo DEL BIOPOTERE.
L’idea della manipolazione di massa non è certo nuova:
“The people don’t want war, but they can always be brought to the bidding of the leaders. …This is easy. … All you have to do is tell them they are being attacked, and denounce the pacifists for lack of patriotism and for exposing the country to danger. It works the same in every country.” Hermann Göring (in un’intervista in prigione di G. M. Gilbert[iv] il 18 Aprile 1946 durante il processo di Norimberga)
Resta da vedere quali tecniche siano messe in atto nell’epoca degli imperi mediatici postindustriali.
Informazioni e Entertainment, da cui il famoso neologismo Infotainment, sono le gambe su cui marcia il cyborg mass-mediatico. Il biopotere concentra in questi due campi un particolare sforzo per concepire e potenziare le tecniche di manipolazione. In special modo il framing inteso come capacità di creare degli schemi di interpretazione e delle associazioni opportune e significative nelle menti dei telespettatori.
Prendiamo l’esempio del “reality show”, un entertainment creato con questi scopi e di cui uno dei principali promotori, il produttore olandese Endemol inventore del “Grande Fratello”, è oggi di proprietà di un consorzio capeggiato molto simbolicamente da Mediaset et Goldman-Sachs.
A questo proposito Maurizio Lazzarato[v] scriveva già nel 92 che “dalla messa in scena dell’informazione e dell’opinione pubblica di cui la [prima] guerra del Golfo ha svelato senza vergogna i ‘processi’ di fabbricazione si è rapidamente scivolati alla messa in scena della ‘vita quotidiana’”
In realtà ci accorgiamo oggi che non si trattava di vita quotidiana ma di messa in spettacolo d’esperimenti d’isolamento psichico e sociale ; una specie di tortura calcolata che è, a mio parere, una matrice plausibile di quella d’Abu Ghraib[vi].
Siamo al tentativo, come giustamente evoca Jean Baudrillard[vii], di potenziare l’asservimento con lo spettacolo dell’asservimento. Si sviluppa una tecnica per sollecitare degli automatismi collettivi animali
Per le News su cui viene concentrata la massima attenzione pare chiaro che il framing messo in atto a sostegno del progetto di biopotere sia basato sulla paura (dell’altro), l’assoggettamento, la menzogna sistematica e l’indimidazione.
Questo agire mediatico arriva al parossismo su Fox News nel periodo del fallito colpo di stato mondiale dell’amministrazione statunitense[viii] e culminato nelle campagne:
– per la rielezione di Bush
– per la seconda guerra in Irak.
Nel primo caso dopo la pressante messa in scena di una falsa neutralità sottolineata continuamente dalle pop-up “fair & balanced”, Fox News fa un colpo mediatico magistrale, col falso annuncio della vittoria del suo protetto nella notte di chiusura dei seggi. Trascina tutti gli altri networks ad imitarlo e mette cosi’ un’ipoteca psicologica decisiva nella controversia che seguirà sul voto in Florida.
Nel secondo con lo sfruttamento senza limiti delle immagini del World Trade Center in fiamme, con i keywords ripetuti ossessionalmente come mantra dai vari tirapiedi mediatici, con l’utilizzo sistematico di sondaggi, grafica e musica concepiti ad hoc, con i talk shows del grande sputafuoco fascista e molestatore sessuale Bill O’Reilly con il suo aggressivo “Shut-up!!” contro chiunque cerchi di contraddirlo come denunciato sin dal 2004 dal bel documentario Outfoxed, Rupert Murdoch’s War on Journalism [ix].
Manuel Castells afferma che “La violenza trasmessa dalle reti di comunicazioni diventa il medium per la cultura della paura”[x] ed infatti la “produzione”, la commercializzazione e la diffusione quotidiana e su larga scala di narrazioni ed immagini di guerra, di terrore, di violenza e di morte sono il leitmotiv dei Telegiornali e di varie altre emissioni delle fabbriche mediatiche. Dispositivo che si amplifica sino a diventare un martellamento ossessivo dopo l’11 settembre.
Messaggi diffusi grazie ad un metalinguaggio concepito ad hoc per generare emozioni e sentimenti primari… la paura dell’altro, il disgusto e per evocare i frames classici dell’ideologia totalitaria: l’amor patrio, l’integrismo religioso, la xenofobia cara a molti dei nostri attuali
governanti “democratici” europei.
Come afferma Castells “la comunicazione nelle sue diverse modalità, svolge un ruolo di primo piano nell’attivare le pertinenti reti neurali in un processo di decisione”[xi]. Oggi disponiamo d’un numero sempre maggiore d’elementi neuroscientifici su come e quanto l’esercizio massmediatico possa plasmare i processi mentali.. A cominciare dalle dimostrazioni di A. Damasio[xii] sull’influenza che le emozioni ed i sentimenti hanno sulla razionalità ed il comportamento sociale. Ed è proprio sulle base delle cognizioni e delle emozioni che si forma il processo di decisione politica. A questo si aggiungono le scoperte legate al dispositivo biologico dei Neuroni Specchio[xiii], il meccanismo innato di attivazione neurale irriflessa nella nostra mente generata dalle azioni di chi ci circonda o dalla comunicazione e che rende possibile l’ immedesimarsi con i comportamenti e le intenzioni altrui. I meccanismi complessi innestati dai Neuroni Specchio sono alla base dell’empatia e dell’evoluzione del linguaggio ma nello stesso tempo ci rendono sensibili alle narrazioni politiche tramite i media quali la televisione:
“i neuroni specchio producono nel nostro cervello delle tendenze alle imitazioni di cui spesso non siamo consapevoli, e che limitano la nostra autonomia con potenti condizionamenti che agiscono sul piano sociale… “[xiv]
Nel corso di queste ricerche emergono prove scientifiche dei livelli di condizionamento[xv] ed una luce nuova sull’efficacia del framing e delle altre tecniche di condizionamento mediatico come una convalida postuma delle intuizioni profetiche di Baudrillard e di Debord in questo campo.
E la validità della tesi di Michael Moore quando in “Bowling for Columbine” metteva in evidenza il legame fra l’utilizzo della la violenza dei media USA e la terribile strage nella scuola, lo stesso si potrebbe dire di cio’ che è accaduto ad Oslo recentemente…
Non a caso i politici della governance si dotano di specialisti della comunicazioni prelevati a caro prezzo con denari pubblici nelle multinazionali della pubblicità: gli « spin doctors » e « story spinners » che producono le narrazioni ad hoc trasmesse tramite i media come illustrato ed esemplificato da C. Salmon nel suo “Storytelling la machine à fabriquer des histoires et à formater les esprits “[xvi].
DUE ASCESE PARALLELE
Per riprendere le storie parallele dell’emergere dei due imperi in questione e dei loro rispettivi creatori bisogna tornare agli anni `80 quando comincia lo stream delle privatizzazioni e dell’attacco a salario, occupazione e welfare. A quest’epoca i due cominciano ad essere visibili, quando Reagan, che di media, d’imbonimenti e di tagli alla spesa pubblica se ne intendeva non poco, suona la prima grande carica del neo-liberalismo. Poi da Londra risponde la Thatcher, i cui neuroni già cominciavano ad irrigidirsi in epiche battaglie antisindacali e postcoloniali.
Ed è proprio in quel periodo in Gran Bretagna che Rupert Murdoch, l’Australiano, si era guadagnato il soprannome di “Dirty digger”, il “Ravana immondizia”, operando la trasformazione di grandi titoli declinanti come Sun e News of the World in stampa trash dai
grandi tiraggi e profitti.
Qui puo’esprimere i “talenti” che già lo accomunano a Silvio, l’altra stella mediatica montante della sua generazione, quali la mancanza di qualsiasi scrupolo nel liquidare avversari e soci e la percezione populista che gli permetterà di diventare l’alleato ed il supporto naturale dell’arpia di ferro.
Ripeterà in seguito l’operazione verso la metà degli anni `80 con lo sbarco a Los Angeles, la mecca del potere mediatico mondiale, l’acquisizione di una major, la Fox, e la creazione della rete televisiva Fox News che metterà con grande successo al servizio dei repubblicani e di Bush.
Di Berlusconi, senza voler tracciare qui il suo percorso, mi sono rimaste in mente le immagini di un vecchio documentario del canale culturale Arte che mostravano la discesa in campo nel `94 dei suoi media e dei suoi manager e la carica dei call center riconvertiti in arma della fulminante vittoria del neopartito Forza Italia.
E’ l’esempio dell’utilizzo massiccio del marketing e della comunicazione verticale di massa come tecnica per plasmare le menti al suo modello politico e personale. Quello che fondeva in un unico crogiuolo neoliberalismo, populismo, corruzione e pratica dell’illegalità.
Il personaggio incarnava perfettamente il modello: anche lui mette in mostra una durezza negli affari, la volgarità ed l’aggressività sotto una patina di buon senso da imbonitore da piazza. Senza contare l’aura particolare creata dalle sue innumerevoli incriminazioni e frequentazioni di aule dei vari tribunali.
Non mi sembra invece che gli si possa negare il fiuto delle opportunità a lui favorevoli. E neanche un certo gusto del rischio, che ama esibire forse nell’euforia derivata da opportune sostanze, come nella famosa foto del `77 che lo ritrae a fianco di una 357 Magnum negligentemente posata sulla sua scrivania. Siamo all’epoca dell’interessata amicizia con Bettino Craxi e dell’inizio della scalata mediatica.
Dirty Digger e il Caimano, celebrato nel film di Moretti, hanno la stessa intuizione: la potenza mediatica della televisione all’apice del fulgore è determinante nel loro progetto politico.
Di fatto quando i due si appropriano del medium televisivo le condizioni erano più favorevoli a creare e sfruttare “le temps du cerveau disponible” che Patrick Le Lay, ex direttore della francese TF1, affermava con cinico orgoglio essere il prodotto che vendeva a Coca Cola.
Furono entrambi i primi a mettere al servizio dell’establishment politico questo principio di una pervasione tanto subliminale e compulsiva quanto propizia all’ideologia dominante.
Se questa operazione divenne un marchio di quel periodo storico mondiale fu anche e soprattutto perché si innesto’ con vigore nel contesto socio-politico del riflusso degli anni 80.
La televisione è il male minore da cui ci si lascia imbesuire con poca resistenza per mancanza di stimoli sociali, politici e culturali dopo una dura giornata di un lavoro sempre più attaccato e meno garantito senza parlare della segmentazione marketing che genera la famosa casalinga di più di cinquant’anni, target privilegiato di spot commerciali e politici.
Una stessa intuizione li accomunava, ma la loro ascesa ed in seguito il loro declino furono inevitabilmente modellati dal contesto specifico ai rapporti di classe ed alle situazioni geo-politiche a cui si rapportavano: Berlusconi, spinto dalla necessità d’evitare fallimento e galera, approfitta della contingenza politica dell’Italia degli anni novanta e del suo potere mediatico regionale per accedere direttamente a quello esecutivo del paese.
Murdoch invece percorre la strada diversa dell’associazione delle sue reti con la classe politica e la finanza mondiale in un’ascesa ad un potere personale forse meno appariscente ma ancora più consistente. Il nome del suo gruppo è particolarmente rivelatore di quest’ambizione News International Corporation.
Manuel Castells sostiene che al cuore del suo potere ci sia quello di commutazione delle reti, lo “switching power” cioè:
“ la capacità di connettere due ou più reti diverse nel processo di formazione del potere relativo a ciascuna di esse nei loro rispettivi campi”[xvii]
La presa di controllo nel 2007 di Dow Jones et del Wall Street Journal, una delle istanze mediatiche più influenti nel mondo della finanza, ha dato l’impressione di confermare questa ipotesi mentre il naufragio del tentativo di mettere la mano sui social networks con Myspace, pagato 580 Milioni di $ nel 2005 e rivenduto recentemente per 35, l’ha profondamente rimessa in discussione.
Avanzo l’idea, sviluppata in seguito, che le strategie valide nell’era dei media verticali non possono più esserlo in quello della moltitudine in rete.
LA CADUTA
Per molti aspetti Murdoch pareva largamente in testa nell’ordine gerarchico mediatico; è lui il terzo uomo della Guerra in Irak dietro Bush e Blair.
Potremmo quindi chiamarlo Rupert tredicesimo. Prima della caduta, questa era la sua posizione fra gli uomini più influenti in TIME 100 dove Berlusconi non si è mai classificato, anche se pare che sia in posizione eleggibile nel 2011 nella categoria “Political Sex Scandals” a causa delle note vicende sessuali con prostitute minorenni.
Berlusconi, anche cumulando alla propriétà dei media i suoi poteri politici, non ha mai avuto quest’influenza globale, con lui il ruolo dell’Italia in Europa e nello scacchiere internazionale è diventato, se possibile, ancora più marginale; sul piano personale ha dato spesso un’immagine penosa di sè stesso: per esempio tacciando di Kapo’ un deputato socialdemocratico tedesco in pieno parlamento Europeo, oppure facendo il pagliaccio ai vari G8 o G20. Certo un pagliaccio crudele e perverso come dimostra la tragedia di Genova del 2001.
Sulla base degli elementi precedentemente esposti cominciano ad apparire le cause comuni della caduta.
Ognuna delle tre teste dell’idra del potere berlusconiano è mozzata in una notevole ed inevitabile unità di luogo tempo e spazio.
Per la politica un KO alla prima ripresa, con un “uno-due” di grandi mobilitazioni moltitudinarie che si traducono in umiliazioni elettorali più fulminanti della folle “Beata Madonnina” che lo aveva dolorosamente preavvertito dei malumori di Milano, o del punch dei milioni di donne scese in piazza per pura indignazione. Poco importa in fondo il fatto che resti primo ministro di un governo screditato e recentemente commissariato in presenza di un’opposizione istituzionale in stato di coma profondo, come in molti altri paesi europei. Un coma che pare confermare quello di un modello di rappresentatività a cui proprio lo scempio mediatico di decenni ha dato il colpo di grazia.
Per la finanza, ovviamente s’intende la sua che è la sola che gli interessa, la botta umiliante e dolorosa dei 560 milioni di euro da pagare per la truffa Mondadori a De Benedetti un vecchio avversario del suo campo, il che non è poco neanche per Mediaset.
Resta che la più simbolica, la più determinante e la più irreversibile è la perdita del potere creato tramite la comunicazione. Irreversibile perchè, come vedremo, la sua rete mediatica verticale, anche potenziata dal controllo preponderante dei canali pubblici non ce la fa, come nelle precedenti occasioni, ad essere il perno di campagne elettorali vincenti. Per la prima volta è proprio la forza dell’autocomunicazione della moltitudine in rete che si sostituisce all’influenza di telegiornali ed emissioni di parte e, a mio parere, si tratta di un fatto storico sul quale non si tornerà indietro.
Per quanto riguarda Murdoch ironicamente è proprio un leak su un tradizionale media cartaceo inglese, il Guardian, che gli sarà fatale e che apre un primo spiraglio sul suo retro-bottega .
Un back-office basato sulla corruzione d’istanze “storiche” dei decrepiti governi di Sua Graziosa Maestà… Scotland Yard … Servizi segreti, forse l’MI5 o dei cugini dell’FBI…
per facilitare l’intrusione e la manipolazione dei database personali di celebrità o di anonimi vittime di fatti di cronaca.
In realtà queste pratiche erano senza dubbio già da lungo moneta corrente nell’arcipelago Murdoch ed è probabile che nel futuro avremo altre rivelazioni dello stesso tipo ma fino a ieri le coperture erano sicure e l’omertà forte.
Oggi invece si ha l’impressione che tutto puo’ succedere, come ben espresso da A. Barnett nel suo articolo “After Murdoch”[xviii] quando afferma che il populismo è diventato un’arma a doppio taglio.
La rivelazione del Guardian del saccheggio da parte di News of the World della voice mail di una ragazzina di 12 anni scomparsa e che aveva indotto nella famiglia la speranza vana che fosse viva quando invece era stata assassinata, viene sentita come la doppia morte di un’innocente a cui la banda Murdoch dà il colpo di grazia.
Una vittima simbolica che richiama il gesto di quella della non poi lontana Sidi Buzid.
Meno sorprendente invece che Cameron abbia scelto come suo consigliere mediatico uno degli uomini chiave di Murdoch e, non a caso, il mandante della corruzione.
Abbiamo già visto come da più di trent’anni Murdoch avesse libero accesso alla porta di servizio del 10, Downing Street: dopo la Thatcher c’è il lungo idillio con Blair ed infine quello per fortuna breve con Cameron. Da sempre praticava una lauta distribuzione su un largo scacchiere politico, aveva finanziato la campagna senatoriale di Hillary Clinton e dei candidati democratici Usa mentre nello stesso tempo sosteneva la campagna per la guerra al/del terrore di Bush. Il suo New York Post ha sostenuto Obama[xix]… Ancora un comportamento che illustra le cause della crisi di rappresentatività di una classe politica alla deriva.
Li accomuna quindi anche l’utilizzo del potere per una corruzione generalizzata: politici, poliziotti, magistrati, funzionari pubblici, avvocati … insomma chiunque sia opportuno corrompere, mentre i loro media sono i portavoce di un discorso sicuritario basato sur ordine e legalità; per poi arrivare sino ad emanare o far emanare leggi per il proprio esclusivo tornaconto.
A questo punto come stupirsi che avessero entrambi un forte senso dell’impunità? E’ verosimile invece che siano stati colti di sorpresa dal rovesciamento di situazione in corso. Certo si potrà obiettare che hanno “l’attenuante” di una senilità e di una voracità morbose e probabilmente non si sono resi conto di nulla: Silvio preso com’era nel senile “bunga-bunga” e Rupert nel suo daffare fra una moglie giovane ed avventuriera, i problemi dinastici e le scalate a BskyB. Un po’ come nel caso di Dominique Strauss Khan anche lui abituato all’impunità ed ora fresco cadavere eccellente. Che si tratti di un’epidemia?
I Networks delle NTIC[xx] come strumento di produzione del comune
Aderisco pienamente all’analisi fatta recentemente da Judith Revel e Toni Negri che mette in evidenza il denominatore comune dei movimenti che vanno dalla Tunisia alla Spagna passando per Inghilterra, Italia, Grecia, Egitto, Siria ed un numero sempre più importante di paesi e luoghi fra cui molto significativamente Israele:
“Queste sono rivolte che nascono in Egitto o in Spagna o in Inghilterra, dal rifiuto allo stesso tempo, dell’assoggettamento, dello sfruttamento e del saccheggio che l’economia ha predisposto sulla vita di intere popolazioni del mondo, e delle forme politiche nelle quali la crisi di questa appropriazione biopolitica è stata gestita. E questo vale anche per tutti i regimi cosiddetti “democratici”. Questa forma di governo non sembra preferibile, se non per l’apparente “civiltà” con la quale maschera l’attacco sferrato alla dignità e all’umanità delle esistenze che frantuma: la dissoluzione dei rapporti di rappresentanza ha raggiunto misure rovinose.”[xxi]
Aggiungo che il principale ed indispensabile strumento di questo movimento in pieno sviluppo siano proprio le reti dell’autocomunicazione orizzontale della moltitudine
Gli utilizzi d’Internet, il media dei media e la sua integrazione progressiva con le reti mobili, che dà vita ad un nuovo paradigma come esposto in seguito, sono il perno di una comunicazione democratica e la causa principale della caduta degli imperi mediatici.
La crescita esponenziale di media autogestiti, social networks, blogs, dell’incontro dell internet mobile col corpo (il Bio-Ipermedia) stanno visibilmente generando un effetto di soglia critica in cui una nuova creazione del comune in tutte le sue forme, fra cui la rivolta, non solo si sviluppa in tempi sempre più rapidi ed in spazi sempre più vasti ma travolge il vecchio mondo in modi e luoghi talvolta imprevedibili, Tunisi ed ora Brasilia, Santiago del Cile e Tel Aviv.
La caduta di Murdoch e Berlusconi e l’affondamento delle loro corazzate, che prelude a quello delle loro flotte, si inserisce perfettamente in questo quadro e lo completa.
Appare evidente che l’influenza, la pervasione, il formattaggio delle menti esercitati sino ad oggi dai loro mass-media è in declino irreversibile.
La moltitudine libera, tramite le infrastrutture reticolari, in cui ha assunto competenze ed capacità di controllo, le forze autonome d’informazione, di creazione, di cooperazione, di scambio e di costruzione di significato cioè di produzione di valore rompendo le barriere della comunicazione verticale e gerarchica della vecchia governance imperiale.
Sotto questa luce non ci sono differenze né dubbi sulle cause della fine di questi personaggi: la produzione del comune rende inoperanti le loro macchine di recinzione della comunicazione e mette in evidenza la perversione e l’illegalità del loro operato.
IL DOPO MURDoSCONI, il capitalismo 2.0 e il nuovo paradigma del bio-ipermedia
Se è chiaro che sarà sempre meno possibile plasmare le menti con gli strumenti di comunicazione della fine del XX secolo, non altrettanto si puo’ dire dell’utilizzo da parte della
governance di quelli del XXI.
La vicenda di Myspace, a cui abbiamo accennato precedentemente, mostra come la generazione dei Murdosconi sia tagliata fuori dalla riappropriazione per i propri fini di nuovi media come le reti sociali, ma non altrettanto si puo’ dire per i leader del Capitalismo 2.0 che in fondo ne sono
gli eredi.
Si prendano come esempi:
– il mediatico, tirannico e paranoico Steve Jobs recente ex-CEO (per ragioni di salute) e co-fondatore di un’Apple oggi prima capitalizzazione mondiale grazie all’Iphone all’Ipad e all’Appstore ed ex-aequo con Exxon. Come per meglio significare che il nuovo carburante del globo, quello cognitivo, è ormai altrettanto importante del vecchio.
– Marc Zuckerberg CEO e co-fondatore di Facebook con 750 milioni di utenti attivi e ricevuto con gli onori di un capo di stato come per esempio a Parigi nella primavera 2011. I suoi metodi in affari, che non hanno nulla da invidiare al cinismo d’un Murdoch sono stati recentemente illustrati nel film Social Network.
– Sergey Brin e Larry Page fondatori di Google, che nella loro ansia totalitaria di accaparramento di qualsiasi terreno cognitivo dichiarano di attivare più di mezzo milione di
smartphones Android ogni giorno[xxii].
Non ci sono dubbi per me che si tratti in qualche modo della nuova generazione che detiene una parte dei potenti strumenti di comunicazione odierni e che è l’essenza stessa del capitalismo digitale come scrivevo a proposito di Googleplex e della Silicon Valley [xxiii].
Si tratta di una posizione molto più ambigua che rispecchia fedelmente il titolo di quell’articolo: Capitalismo digitale e bioproduzione cognitiva: l’esile linea fra controllo, captazione ed opportunita’.
Da un lato i media interattivi sono pienamente investiti dalle istanze politiche e mediatiche del capitalismo cognitivo : le tattiche del marketing virale, dell’utilizzo commerciale e politico dei social networks, delle comunicazioni multicanale e delle applicazioni mobili sono elementi essenziali delle loro strategie.
Dall’altro Zuckerberg e gli altri del suo stampo sanno che il loro potere ha una sua fragilità e che i loro aquiloni volano esclusivamente grazie al vento moltitudinario da cui captano valore tramite il crowdsourcing[xxiv] ma che, come noto, il vento non si gestice a proprio piacimento. Non hanno più il controllo completo degli strumenti di produzione! In una fase di turbolenze possono sregolarsi o essere facilmente soppiantati da altri strumenti creati dal comune su Internet.
Per introdurre il Bio-Ipermedia bisogna ricordare che oggi ci sono sul pianeta più di 5,5 miliardi di cellulari attivi su una popolazione di 7 e che, se la diffusione dell’Iphone resta relativamente piccola rispetto a queste cifre, gli altri smartphones connessi ad Internet stanno rapidamente sostituendo vecchi telefonini come appare nelle dichiarazioni di Google su Android.
Siamo di fronte alla rivoluzione tecnologica più capillarmente e rapidamente dispiegatasi nella storia dell’umanità.
Il Bio-Ipermedia è la nascita del nuovo paradigma dell’incontro di Internet col corpo prefigurato dai devices “always connected”, smartphones, tablets ed altri ancora che saranno inventati, in un modo qualitativamente e ontologicamente diverso ed infinitamente più potente che non l’Internet fisso ed il PC.
Non solo perchè essendo sempre su di noi sono capaci di coinvolgere e far interoperare con le molteplici reti coi i nostri portali sensoriali in modo estremamente più evoluto: voce, udito, immagine, tattilità e geolocalizzazione etc.
Ma anche perchè si tratta del primo media che interagisce con la nostra vita, liberando lo scambio d’informazione dal luogo e tempo ristretto e fisso dove televisione e PC sono confinati. La produzione, l’interazione e lo scambio autonomi sono svincolati dal cocoon cosi’ in voga durante i trent’anni di riflusso che abbiamo subito, un contesto che riduceva ed appiattiva percezioni e possibilità. La capacità d’interagire nella metropoli socialmente ubiquitaria e in un ambito d’intelligenza collettiva ambientale sono già in atto tramite nuove tecnologie fra cui la Near Field Communication (NFC), l’Internet degli oggetti e l’Augmented Reality.
Non mi pare che ci siano dubbi che “on the road” la nostra mente funzioni in modo diverso e che quindi in modo diverso interagisca con le reti, si tratta di un campo di approfondimento importante se già ora A. Damasio[xxv] afferma che “la rivoluzione numerica attuale, la mondializzazione delle informazioni e l’arrivo dell’era dell’empatia rappresentano degli esempi pressione che possono condurre a delle modifiche strutturali della mente e del Sé attaccando i processi cerebrali che plasmano la mente ed il Sé”.
Certo la governance tenta e tenterà di utilizzarli a suo favore, si intravvede già questo processo nel “profiling” individuale operato oggi a fini commerciali, e senza dubbio domani più direttamente politici
Questo progetto non sembra facilmente attuabile: le rivolte ed i molteplici e variegati segnali che si moltiplicano di una coscienza diffusa e non solo generazionale, a grande differenza del precedente ultimo grande ciclo di lotte, sono l’espressione di un rifiuto generalizzato di pagare una crisi gestita col solo fine di estrarre valore, di espropriare la produzione comune e di aumentare la rendita.
I mestieranti politici cominciano anche ad agitare minacce di restrizioni d’accesso alle reti, ma la loro difficoltà non sta tanto nell’ottenere l’appoggio delle Corporation delle NTIC quanto nelle contraddizioni implicite e paralizzanti che esse implicano. Come messo in evidenza dal titolo d’un articolo dell’Economist sui recenti fatti di Londra – “Blackberry’s riots” – che sprigiona un’ironia irresistibile, se si considera che questo smartphone era sino a qualche anno fa l’esclusivo simbolo e privilegio dei business executives di successo.
Questo significa, fra l’altro, che il Bio-ipermedia è nelle mani di un movimento biopolitico difficilmente arrestabile e la governance si trova un po’ nella stessa posizione di Berlusconi e Murdoch: la classica capacità di recupero del capitalismo è, forse come non mai, in difficoltà.
Ed è proprio questa coscienza di debolezza del Capitale cognitivo che è foriera di minacce: una più classica del ripiego identitario che si cristallizza in un’espressione politica post-fascista populista ed “anti-sistema” e che emerge in quasi tutta Europa ed altrove, una seconda, forse più pericolosa anche perchè puo’ combinarsi con la prima, è quella dei colpi di coda del potere finanziario cosciente del pericolo che incombe sul dominio a cui non vuole rinunciare.
Ancora una volta si tratta di una politica della paura: ora che le guerre imperiali le hanno perse e che il designato ed utile nemico esterno, integrismo islamico o com’altro lo si voglia chiamare, è stato politicamente sconfitto proprio dalle moltitudini arabe, resta l’opzione del terrore dei mercati . “Dopo di noi il caos” è la minaccia degli “investitori istituzionali”…
Da qui l’importanza vitale di come la moltitudine in rete utilizzerà il suo potere costituente per impedire questo disegno nefasto, da come sarà capace di costituire le nuove forme di democrazia. Siamo di fronte ad un cambiamento senza precedenti che coinvolge collettivamente tanto le nostre menti e la nostra vita che la biosfera in cui viviamo.
11 settembre 2011
[i] Marshall McLuhan, The Gutenberg Galaxy, University Toronto Press, Toronto, 1962
[ii] Manuel Castells, Rise of the network Society, Blackwell Publishing Ltd, Oxford (& Googlebooks) 2000
Vol 1 P.356
[iii] Negli studi sui mezzi di comunicazione di massa, in sociologia e psicologia il termine framing si riferisce ad un processo inevitabile di influenza selettiva sulla percezione dei significati che un individuo attribuisce a parole o frasi. Il framing definisce la “confezione” di un elemento di retorica in modo da incoraggiare certe interpretazioni e scoraggiarne altre. I mass media o specifici movimenti politici o sociali, oppure determinate organizzazioni, possono stabilire dei frames[1] (nel senso specificato) correlati all’uso dei media stessi.(wikipedia)
[iv] Gustave Gilbert, Nuremberg Diary. Farrar, Straus, 1947
[v] Maurizio Lazzarato; Reality shows: le sujet et l’expérience. Variations sur quelques thèmes benjaminiens, http://multitudes.samizdat.net/Reality-shows-le-sujet-et-l 1992
[vi] Wikipedia dà un riassunto della vicenda d’Abu Ghraib
http://it.wikipedia.org/wiki/Prigione_di_Abu_Ghraib
[vii] Jean Baudrillard, Telemorphose, Sens&Tonka Editeurs, Paris, 2001
[viii] Antonio Negri, Michael Hardt, Empire, Harvard University Press, Cambridge, 2000
[ix] Robert Greenwald, Outfoxed: Rupert Murdoch’s War on Journalism,(Documentario), MoveOn.org, 2004
[x] Manuel Castells, Comunicazione e Potere, Università Bocconi Editore, Milano, 2008, P. 545
[xi] Ibid. p. 178
[xii] Antonio R. Damasio, L’Erreur de Descartes : la raison des émotions, Paris, Odile Jacob, 1995,
Antonio R. Damasio, Le Sentiment même de soi : corps, émotions, conscience, Paris, Odile Jacob, 1999,
Antonio R. Damasio, Spinoza avait raison : joie et tristesse, le cerveau des émotions, Paris, Odile Jacob, 2003, Antonio R. Damasio, L’autre moi-même – Les nouvelles cartes du cerveau, de la conscience et des émotions, Paris, Odile Jacob, 2010
[xiii] Giacomo Rizzolatti, Corrado Sinigaglia, Les neurones miroirs, traduit de l’italien par Marilène Raiola, édition Odile Jacob, Paris, 2007.
[xiv] Iacoboni Marco, I neuroni a specchio. Come capiamo ciò che fanno gli altri, Bollati Boringhieri, Torino 2008, pag. 180
[xv] “ uno studio longitudinale su bambini statunitensi … recente (2005) ha prodotto uno dei più impressionanti risultati empirici a sostegno dell’ipotesi che la violenza mediatica induca la violenza imitativa… in termini statistici l’”ampiezza dell’effetto” relativo a violenza mediatica e aggressività eccede di gran lunga quella osservata nei casi del rapporto fra fumo e tumore ai polmoni… o esposizione all’amianto e tumore”
Iacoboni Marco, op cit., pag. 180
[xvi] Salmon, Christian, Storytelling la machine à fabriquer des histoires et à formater les esprits., La Découverte, 2007
[xvii] Amelia Arsenault, Manuel Castells, Switching Power: Rupert Murdoch and the Global Business of Media Politics A Sociological Analysis, Sage Publications, 2008 Articolo disponibile online:
http://iss.sagepub.com/content/23/4/488.abstract
[xviii] Anthony Barnett, After Murdoch, articolo, 2011,in
http://www.opendemocracy.net/ourkingdom/anthony-barnett/after-murdoch
[xix] Manuel Castells op. Cit. 2000 p. 546
[xx] NTIC: Nuove Tecnologie dell’Infomazione e della Comunicazione
[xxi] Judith Revel , Toni Negri, Il comune in Rivolta, Uninomade 2011
http://uninomade.org/il-comune-in-rivolta/
[xxii] Salvo poi spararsi apparentemente in un piede comprando Motorola Mobility e rendendo di fatto Google concorrente di tutti i suoi partner costruttori di smartphones e tablets.
[xxiii] Giorgio Griziotti Capitalismo digitale e bioproduzione cognitiva: l’esile linea fra controllo, captazione ed opportunita’ d’autonomia, in Uninomade, 2011, :
http://uninomade.org/capitalismo-digitale-e-bioproduzione-cognitiva-lesile-linea-fra-controllo-captazione-ed-oppotunita-dautonomia/
[xxiv] Da Wikipedia: Il termine crowdsourcing (da crowd, gente comune, e outsourcing, esternalizzare una parte delle proprie attività[1]) è un neologismo che definisce un modello di business nel quale un’azienda o un’istituzione richiede lo sviluppo di un progetto, di un servizio o di un prodotto ad un insieme distribuito di persone non già organizzate in una comunità virtuale. Questo processo avviene attraverso degli strumenti web o comunque dei portali su internet.
Inizialmente il crowdsourcing si basava sul lavoro di volontari ed appassionati che dedicavano il loro tempo libero a creare contenuti e risolvere problemi. La community open source è stata la prima a trovarne beneficio. L’enciclopedia Wikipedia viene considerata da molti un esempio di crowdsourcing volontario.
Cf anche G. Griziotti articolo citato
[xxv] A. Damasio op. cit [2010] Pag224