I nuovi mostri
di SAVERIO ANSALDI
Quello che da qualche settimana si esprime nelle metropoli europee – da Atene a Roma, da Londra a Parigi – è la potenza mostruosa di un desiderio senza identità. Non c’è la volontà di rappresentare qualcosa o di diventare qualcuno, c’è solo la metamorfosi inarrestabile di menti e di corpi in movimento che desiderano altri tempi ed altri mondi dentro questo mondo compresso dalla violenza idiota e calcolata dello sfruttamento di chi ci fa lavorare senza gioia e senza futuro.
Si, perché questi nuovi movimenti non esprimono indignazione e rabbia come vogliono quotidianamente farci credere i saputelli e i profeti di professione – ma agiscono al contrario nel pieno dell’affermazione politica e del desiderio di combinare la potenza acuta dei nostri cervelli e l’abilità infinita delle noste mani. E’ la resistenza assoluta delle relazioni e dei legami senza le quali non c’è vita, è la sovrabbondanza delle nostre vite che crea nuovi diritti – i diritti della nostra potenza mostruosa. Questa potenza non si fissa e non si arresta in parole d’ordine o programmi che lasciano il tempo che trovano, produce al contrario le forme viventi del nostro governare, del desiderio di governare le nostre metamorfosi. Se vogliamo qualcosa, è proprio questo : affermarci nella ricchezza dei processi coi quali costruiamo senza sosta le notre libertà, ribaltiamo i nostri sogni e dimentichiamo le nostre certezze.
Ecco perché i nuovi mostri fanno paura. Studenti, precari, disoccupati, operai, ricercatori a contratto, liceali, siamo tutti capaci e potenti, infinitamente potenti e capaci di tutto : non siamo esclusi o marginali, siamo furiosi ed eccedenti, mascherati e senza volto, armati e fuggitivi – siamo appunto : mostruosi. La nostra mostruosità è quindi critica poiché si nutre della crisi, non tende a assorbire e a ridurre la frattura che ci viene quotidianamente imposta ma la usa come macchina da guerra che rompe le mediazioni e frantuma il comando infame che ci vuole tristi e poveri. Non si esce dalla crisi, o meglio : la crisi non è altro che la nostra ripetuta occasione di diventare sempre altri, di istituire il movimento della nostra differenza. Differenza e ripetizione : come ci insegnato la parte più intelligente del pensiero francese del secolo scorso, il fare politica si determina nella fuga ininterrotta dei desideri e nella consistenza delle relazioni che ne rispecchiano le transformazioni. I desideri sono istituzioni, ossia le modalità in virtù delle quali diamo forma alla nostra potenza. Questa potenza è diritto, è il nostro diritto, quello che parla il linguaggio di ciò che diventiamo e di ciò che facciamo. Ecco perché questo diritto ce lo prendiamo e ne facciamo quello che più desideriamo, senza paura ed implacabili – come i nuovi mostri dalle mille teste.